Assemblea Confesercenti 2014, Venturi: “Ora rimuovere ostacoli che frenano la crescita, serve nuovo patto fiscale”

Gli interventi dei Ministri Guidi e Poletti

“Per arrivare ad una vera ripresa dobbiamo rimuovere gli ostacoli che frenano la nostra crescita. In primo luogo, dobbiamo impegnarci per superare la crisi del mercato interno: nel solo biennio 2012-2013 la spesa per acquisti di beni delle famiglie italiane è calata di 28 miliardi e mezzo. Un crollo che ha trascinato con sé le PMI che, per la maggior parte, sono legate al nostro mercato. Le conseguenze sul Pil e sull’occupazione sono state devastanti”. Queste le parole del presidente della Confesercenti, Marco Venturi, che ha aperto questa mattina i lavori dell’Assemblea della confederazione a Roma. “Non vanno sottovalutati gli interventi decisi dal Governo, a partire dagli 80 euro voluti dal Presidente del Consiglio. Il bonus ridarà fiducia ed aiuterà il rilancio della spesa delle famiglie. Secondo nostre stime, i consumi cresceranno di 3,1 miliardi nel 2014 e di 5,1 nel 2015, quando l’intervento sarà a regime. Non è poca cosa, anche se per avere un effetto pieno ci aspettiamo che lavoratori autonomi e pensionati vengano inclusi nel bonus” – ha detto Venturi -.

“Anche gli ultimi interventi del Governo, sono interessanti ed utili a rendere più credibile e più efficiente il nostro Paese – prosegue la relazione di Venturi – Dagli interventi sul pubblico impiego all’anticorruzione, alle semplificazioni fiscali, dall’energia agli appalti. Particolarmente interessante è il taglio della bolletta elettrica a carico delle piccole e medie imprese, così come incide positivamente la riduzione degli oneri camerali. Alla crisi della domanda interna si somma anche la pesante contrazione registrata dal credito alle imprese, in calo da più di 25 mesi. Ha ragione il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, quando lancia l’allarme sul tema, sottolineando anche che la frammentazione del credito ne riduce l’efficacia. Ha ragione, soprattutto, quando chiede un intervento per destinare più credito alle PMI, indebolite dalla recessione, ma fondamentalmente sane.
Considerazioni analoghe a quelle del Presidente della Bce Mario Draghi, che per dare una scossa all’Europa ha tagliato il costo del denaro con l’obiettivo di far ripartire il credito alle imprese. A lui va un nostro “bravo”.  L’obiettivo deve essere il rilancio delle imprese e questo rende ancora più incomprensibile la ragnatela burocratica che blocca il mondo produttivo. E intanto intorno a noi dilaga e prospera impunito l’abusivismo. Migliaia di venditori illegali, a loro volta sfruttati dai criminali, che vendono prodotti senza garanzie e che non pagano tasse né locali né nazionali. E quegli imprenditori costretti a chiudere negli ultimi 12 mesi, per la crisi, ma anche per alti costi, alte tasse, troppa burocrazia… sapete cosa pensano? Che di legalità si “muore” e di illegalità si sopravvive! Non potevamo assistere rassegnati a queste continue “spallate” che sfiniscono i nostri imprenditori. Per questo, con i nostri “compagni di viaggio”, con gli altri fondatori di Rete Imprese Italia, abbiamo deciso di restituire una “spallata” a quella parte della politica ed a quella delle istituzioni che pensano a loro stesse, invece che agli italiani. Una grande manifestazione, a Piazza del Popolo, che rappresenta un punto di svolta da cui ripartire. Una marea di imprenditori, stanchi di subire angherie continue, hanno deciso di reagire, raccogliendo la sfida delle loro confederazioni, unite in Rete Imprese Italia. Obiettivamente non potevamo e non possiamo più accettare uno Stato strabico che concentra l’attenzione sulle sue casse e che ignora le difficoltà delle piccole e medie imprese, sempre più in crisi e spesso costrette a chiudere. Sulla scia del successo della manifestazione dobbiamo impegnarci per consolidare e rafforzare Rete Imprese Italia. Questo è il modo più efficace per dare risposte alle nostre imprese. Lo abbiamo visto nei tanti incontri fatti da Rete Imprese con i Ministri del Governo Renzi. Su questa via dobbiamo continuare a pressare Governo e Parlamento, per incidere sulle “ferite aperte”, a partire dal fisco, dalla burocrazia, e dalle tante altre cose che nel nostro Paese non funzionano. L’eccesso di prelievo in Italia è figlio di una spesa pubblica tracimante, causata anche dalla riforma del Titolo V che ha dato il via libera a 23mila centri di spesa. Basta nuove tasse. Occorre  garantire, con interventi rapidi e decisi, tagli significativi a una spesa pubblica mostruosa, che non possiamo né vogliamo più permetterci. Soprattutto, occorre una riflessione coraggiosa sul nostro debito pubblico, che tutti ci rimproverano e segnalano come uno dei fattori di maggiore debolezza del nostro Paese. Quello che vi chiediamo e che abbiamo chiesto con vari Rapporti sugli  sprechi ed abusi della spesa pubblica, è di inserire la retromarcia ed avviare un percorso inverso a tutti i livelli. Meno spesa e meno tasse per favorire maggiori investimenti, rilancio dei consumi e crescita dell’occupazione. Tutti i tagli alla spesa già ipotizzati dal Governo devono essere solo anticipazioni di una più profonda e radicale azione di riduzione delle spese, che porti ad una altrettanto profonda revisione del sistema fiscale. La riforma del fisco non può più essere rinviata e deve incidere sia sull’imposizione nazionale, sia su quella locale. La prima emergenza, infatti, è quella di mettere mano ad un fisco locale sempre più vorace che alimenta anche sprechi ed abusi di regioni e comuni. Guardate il pasticcio della Tasi. Un’imposta mal gestita, che rischia di rivelarsi una vera e propria batosta, soprattutto per le imprese. Su un immobile di impresa, secondo i nostri calcoli, il combinato IMU-TASI costerà mediamente il 100% in più della vecchia ICI. In totale, il prelievo complessivo gravante sugli immobili strumentali è stato di 6,9 miliardi nel 2013 e potrebbe toccare gli 8,5 nel 2014 con un incremento di 1,6 miliardi. Una forzatura spropositata ed inaccettabile. Basta fare cassa spolpando le imprese.
La Tasi non è l’unico esempio di aumento ‘incontrollato’. Nel 1990 le imposte locali assorbivano l’equivalente di meno di 8 giorni di lavoro, nel 2013 hanno toccato i 26 giorni. Siamo passati da una settimana a quasi un mese. Ed anche questo è un costo insostenibile.

C’è un cortocircuito tra prelievo locale e centrale da rimuovere. In soli quattro anni dal 2009 al 2013 il prelievo locale è cresciuto di circa 20 miliardi. In aggiunta  l’imposizione centrale è salita di 14 miliardi. Ben 34 miliardi in più per le casse pubbliche, ben 34 miliardi in meno per redditi, investimenti e consumi. Nello stesso periodo, il Governo ha tagliato 30 miliardi di trasferimenti agli enti locali, che sicuramente si rifanno con nuovi prelevi nel territorio. C’è, di fatto, il rischio che con una mano si diano agevolazioni, come lo sconto del 10% della bolletta elettrica ed il dimezzamento dei contributi camerali, e con l’altra, quella del territorio, si riprenda tutto aumentando il prelievo fiscale. Alla fine, a fare la spending review sono stati, come al solito, cittadini e imprese che si sono visti sottrarre, in quattro anni, 64 miliardi di euro, equivalenti a circa il 7% dei consumi complessivi delle famiglie. Una scelta che ha pesato sulla nostra economia e che richiede un’adeguata riflessione.
Cosa proponiamo? Ci vuole un nuovo Patto fiscale: nei prossimi cinque anni vogliamo un impegno solenne da parte del Governo, ma anche da Regioni ed Enti Locali, che preveda la restituzione di 10 miliardi l’anno a cittadini ed imprese, finanziato da tagli coraggiosi della spesa pubblica. E nel frattempo, sia chiaro, basta con altri aumenti di imposizione fiscale nazionale e locale. “La potenza, sostiene Balzac, non consiste nel colpire forte e spesso, ma nel colpire giusto”. In questo modo si possono raggiungere alcuni obiettivi fondamentali: dare certezze e stabilità ai contribuenti tartassati e confusi ed in particolare alle imprese; favorire la programmazione degli investimenti e dell’occupazione; ridurre l’insopportabile pressione fiscale che penalizza investimenti e consumi; fermare la corsa al rialzo delle imposte locali; semplificare gli adempimenti.
Attenzione però, se non faremo presto, a fine anno,  in soli tre mesi, i contribuenti dovranno far fronte ad un concentrato micidiale di imposte:  Tasi, acconto Irpef, Tari, Imu. Questo vuol dire alimentare aspettative negative che certamente diverranno una nuova tremenda batosta per i consumi. Una botta che produrrà nuove chiusure di imprese e disoccupazione. C’è tempo per evitare questa sciagurata evenienza, ma c’è bisogno di convinzione e di condivisione.
Dobbiamo agire adesso, perché la priorità è quella di rimettere in moto l’economia. Per questo mi rivolgo ai rappresentanti istituzionali e politici per ripetere quello che andiamo dicendo da qualche mese: le imprese italiane, ad oggi, non hanno ancora intercettato la timida inversione di tendenza del ciclo economico. Sono le imprese quelle che creano ricchezza e lavoro per l’Italia e per gli italiani. Per questo ci aspettiamo interventi forti e mirati a mettere le PMI – tutte le PMI italiane – nella condizione non solo di tenere, ma anche di crescere. Il Governo ha fatto passi in avanti in questa direzione, lo riconosciamo.
Il DL lavoro contiene un serio tentativo di semplificazione. I sindacati dicono che creerà precarietà, ma non è così: anzi riteniamo che avrà un effetto positivo sulle assunzioni. Anche se questo decreto non sarà sufficiente a farci ripartire. Pure il mini-taglio dell’IRAP è stato positivo: però chiediamo un ulteriore impegno al Governo per innalzare il tetto di esenzione dell’imposta e per sostenere le piccole e medie imprese. Anche Garanzia Giovani rappresenta un’opportunità che non dobbiamo lasciarci sfuggire.
E’ un buon progetto, con importanti incentivi. Finalmente più politiche attive e meno politiche passive. E’ questa una delle nuove sfide per rilanciare il Paese. Ricordiamoci anche dei nostri ritardi sul fronte infrastrutture. Situazioni eclatanti nel Mezzogiorno, ma non solo al Sud. Tempi biblici, sprechi stratosferici, abusi, ricatti mafiosi frenano i lavori e spesso impongono aziende colluse con la criminalità. Questo deve farci alzare la guardia, ma non deve fermare i lavori. L’edilizia è un settore importante per l’economia, ma ancora più importanti sono le infrastrutture che garantiscono mobilità, benefici per il turismo, il commercio, i servizi, l’artigianato e tante altre attività. L’altro fronte è quello della riqualificazione urbana, non solo in termini di mobilità, ma anche di qualità della vita. Il commercio rimane il perno di questa qualità, soprattutto come servizio di vicinato. Basta girare per le nostre città per vedere e percepire il dramma che hanno vissuto e stanno vivendo migliaia di imprenditori. Saracinesche chiuse. Cartelli di vendesi ed affittasi. Continuando così, non ci sarà più bisogno di regolamentare gli orari, perché non ci saranno più i negozi. La totale deregulation del commercio avrebbe dovuto favorire la concorrenza, dare nuovo impulso ai consumi e, con essi, al Pil. Nessuno dei tre obiettivi è stato raggiunto. L’unico effetto, finora, è stata la penalizzazione dei negozi di vicinato. Tornare alla regolamentazione degli orari è una scelta necessaria, che garantisce un’equa concorrenza fra le diverse forme distributive. Siamo felici che la nostra proposta di ripensare le liberalizzazioni, avanzata più di un anno fa, abbia finalmente rotto il muro del silenzio. Ora si vada avanti, per risolvere un problema che è allo stesso tempo economico e sociale. Le piccole e medie imprese vanno ascoltate prima di varare i provvedimenti che le riguardano. Non ci appassionano né i tavoli né i riti, ma riteniamo di poter dire la nostra sulle imprese e sull’economia, sulle istituzioni e sul futuro del Paese. Sbaglia chi parla in maniera poco lusinghiera delle parti sociali.

Abbiamo – è vero – tante cose da rimproverarci. Potevamo fare di più e potevamo fare meglio. Accettiamo le critiche, ma il Governo non dimentichi che le forze sociali hanno un contatto continuo e diretto con il Paese. Le associazioni che rappresentano le piccole e medie imprese sono più aperte ed innovative di quanto si pensi, ed è bene dare loro credito. Le parti sociali rimangono un’esigenza, un punto fermo per le imprese e per il Paese. Siamo portatori di interessi, ma anche di proposte costruttive. Siamo consapevoli del nostro ruolo di rappresentanza, ma anche di quello di soggetti responsabili che tengono conto degli interessi generali del nostro Paese. Non smetteremo mai di proporre. Il nostro impegno è questo, mentre tra gli impegni del Governo ci deve essere anche quello di valutare attentamente le proposte delle Parti sociali. Comunque sia, noi andremo avanti. Continueremo a dare giudizi di merito, puntuali ed obiettivi, su ogni intervento del Governo e delle istituzioni; continueremo a dare voce alle nostre imprese, ai loro problemi, alle loro proposte, alle loro speranze. Lo abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo nel loro interesse ed in quello dell’Italia. Certamente non ci presteremo a far passare sotto silenzio la partita del turismo. Una partita che, finora, è stata giocata male. Le nostre istituzioni si sono comportate come una squadra di vertice di serie A che, invece di lottare per vincere il campionato, vivacchia nella parte bassa della classifica. Per questo rivolgo un appello all’“allenatore” Franceschini: lavoriamo insieme per mettere in campo un progetto forte che rilanci il turismo italiano. Il decreto legge, voluto dal Ministro ed approvato dal Consiglio dei Ministri, contiene alcuni interventi interessanti, ma accanto a questo serve un progetto di ben altro respiro ed intensità per far tornare competitivo il nostro turismo. Le nostre imprese, infatti, scontano uno svantaggio fiscale rispetto al il resto d’Europa: il prelievo Iva sulle prestazioni alberghiere in Italia è un punto e mezzo oltre la media europea, tre punti e mezzo oltre la Grecia, 3 in più di Francia e Germania, 2 rispetto al Portogallo. Un carico che va ridotto, così come sarebbe opportuno ripristinare sgravi per il Mezzogiorno e per la destagionalizzazione. Anche i buoni vacanza potrebbero dare una mano, aiutandoci a recuperare quella parte di turismo italiano in Italia crollato durante la crisi.  Il nostro Paese ha bisogno di speranza e di futuro. Futuro che si costruisce con l’impegno, con la coerenza e con il rigore. Rigore che, però, non deve voler dire rigidità, ma serietà. Questo vale per noi, per le parti sociali, ma anche per la politica e per le istituzioni. Serve un cambio di passo. Stagnazione e impoverimento sono messi in moto soprattutto da arretratezza e clientelismo, da instabilità politico-istituzionale, da decenni di gestione sciagurata della spesa pubblica e da un uso poco chiaro e politico delle risorse. Per questo vogliamo rivolgere un appello forte alle istituzioni e alla stessa politica: ricordatevi che al centro della scena non dovete stare voi. Gli attori principali sono gli italiani: chi lavora, chi fa impresa, chi non lavora, i nostri anziani troppo spesso considerati un peso piuttosto che una ricchezza, i nostri giovani che studiano o che cercano un’occupazione. Persone che hanno chiesto di voltare pagina, in qualità di principali titolari del Paese. Il voto per l’Europa rappresenta infatti un segnale chiaro che gli italiani hanno voluto dare alla politica ed alle istituzioni: c’è bisogno di cambiamento, rapido, profondo e convinto.

Il nostro Paese ha una grande occasione a portata di mano: l’Expo universale. Non un’occasione da sfruttare, ma un grande progetto di rilancio dell’Italia, di tutta l’Italia. Su di essa, come per il Mose di Venezia, si è abbattuta la maledizione di una corruzione sulla quale la magistratura sta indagando, ma che l’Italia degli onesti, di milioni di persone oneste non accetta e non sopporta più. Basta con i comitati d’affari, basta con le trasversalità criminali basta con le arroganze dell’impunità. L’Italia che ha lottato per tanti anni contro la crisi. L’Italia che vuole uscirne, esige una profonda rigenerazione della politica che ci consenta di far crescere quello che abbiamo seminato. Già intravediamo qualche segnale positivo, ma non dobbiamo abbassare la guardia.  Servono leggi severe che non siano più solo grida manzoniane. Fate norme che escludano  una volta per sempre i corrotti dalla vita pubblica, ma la norma più attesa e più incisiva è quella dell’indignazione sociale verso i disonesti. La politica può e deve rappresentare un servizio al Paese. L’Expo non è una partita persa, ma deve tornare ad essere un messaggio di speranza per gli italiani e per le nostre imprese. Una scelta di trasparenza e di legalità, come ci chiedono anche gli investitori esteri. Tutto dipende da come sapremo far prevalere gli interessi generali del Paese, rispetto a quelli particolari, personali o criminali. Anche le drammatiche ed amare vicende di corruzione e di ritardi che ruotano attorno all’Expo dobbiamo trasformarle in occasioni di cambiamento. Un modo, questo, per uscire dalle paludi omertose di abusi e di traffici illegali e per diventare così un Paese normale. Un Paese che non assilla e stressa le famiglie e le imprese, con un’assurda e costosa burocrazia, che non le strozza con un fisco da record che frena investimenti e lavoro, che sa sconfiggere una criminalità organizzata che opprime tanta parte dell’Italia. Noi siamo pronti a fare la nostra parte, ma i patti devono essere chiari e le strumentalizzazioni politiche vanno messe al bando. Dobbiamo serrare le fila per dare un’immagine di unità e di forza dell’Italia. Dobbiamo farlo tutti: politica, istituzioni, parti sociali, per rilanciare il nostro Paese, per renderlo più appetibile e più credibile. “A colui al quale non si dà nulla, nulla si può chiedere” – ha concluso Venturi.

”C’e’ l’impegno e attenzione del governo per cercare di stimolare il più possibile la ripresa”, ha detto il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, intervistata in occasione dell’assemblea. Il ministro ha annunciato anche nuove misure su semplificazione e credito, oltre la rassicurazione che l’impegno di estendere il bonus fiscale “è condiviso dal Governo”. Mentre sul tema degli orari di apertura dei negozi il ministro ha detto: ”siamo già sollecitati dall’Europa ma oltre questo, affrontare il tema di un numero limitato di chiusure su base annuale, è un principio che mi trova d’accordo ed è percorribile”.

”Anche per il 2015 il governo intende continuare a intervenire sul versante fiscale per alleggerire gli oneri sulle spalle dei lavoratori ma anche per ridurre l’Irap per le imprese”. Lo ha detto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti in un videomessaggio all’assemblea della Confesercenti. Occorre avere ”più risorse per rilanciare la crescita e lo sviluppo” ha aggiunto. “Una Agenzia unica per le ispezioni che eviti all’imprenditore di essere sottoposto a una continua sequela di controlli – ha annunciato poi  il ministro.  Poletti ha spiegato che a tale Agenzia faranno riferimento tutte le ispezioni sul lavoro e sicurezza, quindi quelle finora fatte da Inail, Inps e Asl. L’obiettivo, ha spiegato Poletti, e’ “disturbare meno” gli imprenditori e rendere piu’ efficiente l’amministrazione pubblica. “La proposta dell’Agenzia, ha detto, e’ stata aggiunta tra le misure contenute nel disegno di legge delega all’esame del parlamento”.

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